“Dal Giro dei Giganti
non si esce”
Sono passati tre giorni e due notti. È a questo punto della gara che subentra la perseveranza, quella vera.
Non sto parlando dei primi, quelli che sono già quasi al traguardo. Parlo di quelli che il Tor lo vogliono finire, ma l'hanno vissuto coi propri ritmi: umani.
Quando di chilometri ne hai macinati un bel po’. Magari non dormi (neanche quel poco che basta) da almeno 2 notti e 3 giorni.
Quando già in un bel po’ si sono ritirati, anche molti dei favoriti, e tu invece sei ancora lì, che tieni duro, magari arrancando, sulle Alte Vie. Senza capirci più niente. Hai le visioni: vedi gli angeli o i fantasmi, rincorrerti.
Il ciclo del giorno e della notte ormai non esiste più.
È infinito questo anello di chilometri che si snoda. Come il nastro di Möbius. Ugualmente ipnotico. Un loop, dal quale vorresti, ma non puoi uscire.
Una forza centripeta ti impedisce di uscire dal Giro dei Giganti, mentre il tuo corpo anela per una botta improvvisa di forza centrifuga che ti catapulti fuori, da questa corsa impossibile, contro la ferrea volontà della tua mente, che invece non mollerebbe mai.
È a questo punto della gara che, più forte che mai, chi segue la corsa si chiede: chi persevera e chi molla? E assiste a questa strana combinatoria di incredibili variabili compiersi, facendo la gioia indicibile dell’arrivo o la delusione profonda di un atleta, costretto a ritirarsi contro ogni volontà.
È in questo momento che riprendo in mano il libro del Prof. Trabucchi “Perseverare è umano” e in fondo a quell’affermazione ci metterei un punto di domanda (?) più che un punto esclamativo.
Vedi le facce stravolte degli atleti, vedi la loro grande stanchezza, li vedi vacillare e la domanda ti sorge spontanea. Ma li ammiri. Profondamente. Li stimi proprio per questa costanza, per questo ardore, per questo stringere i denti che farà la differenza. Certo che la farà! E non solo per chi taglierà il traguardo tra i primi. Ma per tutti i finisher che entro queste 150 ore porteranno a termine l’impresa.
Trabucchi scrive: “L’uomo per natura non è un centometrista. È un maratoneta: questo è il risultato di due milioni di anni di adattamento all’ambiente circostante. Il suo scatto non gli consentirà mai di raggiungere un’antilope, ma la sua resistenza sì!”
E allora facciamo il tifo, per tutti coloro che corrono, inseguendo l'antilope.
Tenete duro.
di Sara Annoni,
raccogliendo le impressioni di chi ha corso il Tor