Il Tor? Un pieno di adrenalina
Ma come, Zomer, a meno di un mese dalla partenza del Tor tutti sono a correre su e giù per i sentieri alpini, per raffinare la loro preparazione, e lei è appena sbarcato in Sardegna! Al mare!
Oh, ma guardate che mi alleno lo stesso. Qui, sopra l’insenatura in cui adesso mi trovo, c’è una collinetta, saranno 150 metri, e io vado su e giù per una ventina di volte, verso mezzogiorno, l’ora più calda. Certo, ogni due o tre discese faccio un tuffo in mare, scarpe da trail comprese. Due bracciate, tanto per rinfrescarmi, e riprendo il giro.
Del resto gli allenamenti decisamente ”personalizzati” di Franco Zomer sembrano funzionare. Stando, almeno, ai risultati positivi dei precedenti Tor des Géants, ai quali ha partecipato, nel 2011 e nel 2013, sempre portati a termine. Ha l’indole del corridore, questo simpatico osteopata di 49 anni che parla con inflessioni toscane pur vantando solide origini trentine.
A Trento ci sono nato e ci ho vissuto vent’anni sviluppando l’arte della camminata in montagna. Poi sono finito in Toscana per il servizio militare, paracadutista nella Folgore, dove di esercizio fisico duro ce ne facevano fare in abbondanza. Dopo qualche esperienza lavorativa in giro, America compresa, sono tornato in Toscana e mi sono stabilizzato a Prato, dove faccio l’osteopata e il fisioterapista.
E a casa come si allena?
Stesso metodo che uso in queste vacanze: su e giù per le colline, non molto alte ma con sentieri spesso stretti, ripidi, a volte fitti di vegetazione e di ragni. Siamo un gruppo di amici, ci si diverte un sacco, si fanno lunghe uscite notturne, di una decina d’ore o anche più.
Quando ha iniziato l’attività Trail?
Ho iniziato a correre da ragazzo, ho fatto anche un po’ di attività agonistica. Nel 2008, mi sono dato al Trail, puntando subito in alto, alla grande, con le prime gare lunghe in Francia, come la CCC , per passare all’Utmb nel 2009 e le Petit Trot nel 2010, durissimo anche questo. Poi è arrivato il Tor ed è stato subito fascino puro.
Cosa è il Tor per lei?
Molte, moltissime cose: un lungo viaggio, un’apertura incredibile della mente e dell’anima, una immersione assoluta nella natura. Poi, ancora, l’amicizia, le visioni, la fatica che più cresce e più si trasforma in piacere. Direi che quest’ultimo è un fenomeno unico al mondo. Andrebbe studiato a fondo. Alla fine ci si ritrova con una riserva di adrenalina che ti basta per andare avanti tutto l’anno.
Il Tor è una gara per tutti?
Lo è dal punto di vista fisico. A parte gli acciacchi sempre in agguato, tutti, allenandosi molto bene durante l’anno, possono farlo. Non lo è, invece, dal pinto di vista mentale. Ci vuole gente che abbia tenacia e costanza, pazienza e testa salda. Ci vuole gente che poi abbia anche voglia di divertirsi e non di andare al martirio. Alla partenza vedo certe facce… come se andassero al patibolo. Capisco la tensione iniziale ma, ma ragazzi, su, un po’ d’allegria”.
Lei è anche cuore e motore di Maratonabili.
Si, un’associazione che, con un gruppo di amici pratesi amanti della corsa svincolata dal cronometro, ho contribuito a fondare nel 2009. Il primo anno abbiamo portato i primi ragazzi disabili alla maratona di Firenze, adesso di maratone ne facciamo almeno cinque. Poi partecipiamo, naturalmente, anche ad altre manifestazioni agonistiche. Ho iniziato a conoscere i disabili nel mio studio di osteopatia, a Prato, e da lì sono nate tante idee e progetti. Naturalmente pure quest’anno saremo al via al Tor des Géants 2014, sia per sensibilizzare la gente sia per far vivere a questi ragazzi l’atmosfera e la gioia della grande festa dei runner provenienti da ogni parte del mondo. Faremo insieme la partenza, i primi 500 metri del percorso, con i ragazzi-atleti in carrozzina. Loro sono molto eccitati da questa cosa, mi chiamano genitori per dirmi i ragazzi sono alle stelle già da tempo ne discutono, si esaltano, non dormono la notte… Adesso abbiamo circa 250 associati, ma le persone che gravitato intorno a Maratonabili sono molti di più.
Sullo fondo della chiacchierata si sentono scalpiccii, voci, onde che si frangono. È ora di far tornare Zomer al suo allenamento, tra la baia e la collina.
Franco Faggiani