“C’è amore in questa gara”
Il Tor des Géants 2012 visto da Francesca Canepa, 1° donna al traguardo.
“Sono partita per onorare la Valle d’Aosta.
Arrivavo al TDG reduce da un UTMB gareggiato per il podio. Quindi una gara esigente, psicologicamente impegnativa, da cui ho avuto soddisfazione. Ho corso il TDG curiosa di vedere come sarei riuscita a gestire le cose, convinta che il sodalizio con Renato Jorioz mi avrebbe permesso di fare del mio meglio e tutto il resto sarebbe venuto da sé.
E così è stato. Duro, emozionante, inaspettato.
All’inizio ho un po’ arrancato, fino a Valgrisa, nella consapevolezza di non essere in testa, di essere ‘alla rincorsa’. Poi sono passata davanti a Sonia Glarey e la situazione si è psicologicamente ribaltata. La mia testa mi ha urlato forte e chiaro: “Ora corri e tutto sarà in discesa”. E così è stato.
Man mano che accumulavo distacco, acquistavo sicurezza e correvo ancora più veloce. Avere un’atleta forte come Sonia alle spalle è stata una spinta fortissima, un vento alle spalle. Mi ha spronata a dare tutto, nonostante le difficoltà: gli stop forzati (causa frana, prima e neve, poi) che hanno sballato il mio ‘programma’ e un attimo di panico quando ho finito la luce al Col Loson.
Correre secondo me? Sinergia tra corpo e mente. E questo TDG mi ha ampiamente dimostrato che se ci sei con la testa vai!
Al TDG ho compreso appieno che una gara così non potrei farla da sola. Ho corso con Renato, con la mia famiglia e con la gente della Valle d’Aosta, accanto.
Da quest’anno nella mia vita agonistica infatti c’è Renato Jorioz, il mio allenatore. C’è lui e si vede. Nel 2012 ho vinto tutto quello che potevo. Mi ha saputo gestire. Arrivare in una Base e sapere che c’era lui era un sollievo. Mi permetteva di mollare, di rilassarmi per il poco tempo necessario a ristorarsi prima di ripartire.
È lui che ha fatto la differenza. Mi vedeva da fuori, aveva uno sguardo d’insieme sulla gara e attento su di me e sui segnali che gli trasmettevo, anche inconsapevolmente. Sapeva valutare cosa sarei stata in grado di fare nel prossimo tratto del percorso.
Per tutta la gara mi ha dato dei riferimenti certi, quasi degli ordini. E io ho ascoltato, anche quando non mi sentivo forte come lui mi disegnava, anche negli attimi in cui avrei voluto mollare. Si è fidato di me, più di quanto io, in quei momenti, non mi fidassi di me stessa. Ha creduto in me ogni istante e io, di conseguenza.
Non mi ha permesso di vacillare.
Altra cosa che davvero non immaginavo: il calore della gente lungo il percorso e nei paesi. C’è molto amore in questa gara. E io l’ho sentito sulla pelle.
Le persone uscivano di casa vedendomi arrivare e mi incitavano. Ricordo una signora che aveva preparato un portafortuna per me e mi ha rincorsa per darmelo. Oppure una bambina alla finestra che mi salutava, indicandomi il buffet spontaneo che il padre aveva preparato per strada davanti casa, per dare un po’ di sollievo a noi trailer.
E poi i miei amici ad aspettarmi al Bollino. Erano tutti là, tutti venuti per me. Pelle d'oca! Emozioni indescrivibili, gesti calorosi e, per noi atleti, indispensabili. Nella gara di ognuno di noi hanno fatto la differenza, magari in momenti difficili, nei quali il sostegno della gente vale molto più di qualsiasi altra cosa. Questi racconti li ho ritrovati nelle esperienze di altri compagni di Tor: ognuno ha collezionato tanti piccoli aneddoti personali da ricordare.
Ho sempre pensato che lo straordinario risieda nell’affrontare anche l’ordinario facendo del proprio meglio. Io la mia vita l’ho sempre affrontata così: prima nello snowboard a livello internazionale e poi, con ancora tanta voglia di gareggiare nelle vene, quando mi sono imbattuta nel trail. Prima grazie ai consigli di Fabio Mareliati, maestro di sci di fondo a Courmayeur, che vedendo il mio approccio agguerrito e ‘resiliente’, mi ha consigliato di provare a misurarmi con la corsa. Indicandomi letteralmente la via. Una strada che mi ha permesso di rimettermi nuovamente in gioco, con queste gare di running che, ho scoperto man mano, essere appieno nelle mie corde, nelle mie gambe e nella mia testa.
Poi è arrivato Renato: il maestro ideale. Con lui siamo un team affiatato e vincente. Ha cambiato il mio approccio alla corsa, mi ha resa più consapevole e migliore. E io non mi fermo. Ho voglia di continuare a crescere, anche grazie a lui.
Ci ho pensato molto durante l’ultimo chilometro del Tor. Quell’ultimo chilometro è ciò che per me dà un senso a tutto quanto. Ti si condensano nella testa tutti i chilometri percorsi, tutta la strada fatta di corsa e nella vita. Sembra interminabile, tanto è intenso.
Ci sono sempre persone a cui mi piace dedicare la gara: questo Tor des Géants lo dedico a tutti coloro che non mi hanno permesso di sentirmi sola. Certamente a Renato, alla mia famiglia che ha fremuto e palpitato con me, e alla gente incontrata lungo il percorso. E poi, perché no, anche a me stessa. Nella consapevolezza che nel mio percorso di crescita sportiva e personale, un altro tassello del puzzle è andato al suo posto”.
Ho intervistato Francesca, il giorno dell’Arranchina, la garetta dedicata ai bambini di varie età che hanno voglia di correre e iniziare a misurarsi con la montagna. Lei, la campionessa, era madrina della corsa e ha donato ai giovanissimi vincitori le sue tante coppe conquistate negli anni. Mini-Tor trailer, crescono. Direbbe qualcuno.
Io dico: piccoli Giganti iniziano a prendere le misure del mondo.
Intervista di Sara Annoni,
7 ottobre 2012
E’ possibile ripercorre i passi di Francesca al Tor sul suo blog >