TORX Trail Running Races 6-15 Settembre 2024

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Il popolo del Tor

Faccio fatica a concepire il Tor des Géants come una gara. 
Eppure ci sono i pettorali, c'è la classifica, ci sono i cancelli orari (che quest'anno non sono riuscito a superare nell'ultima base vita).

Il fatto è che si tratta di un unico sforzo corale per tornare a Courmayeur entro le fatidiche 150 ore. 
Ogni concorrente è in sfida con il cronometro, non con gli altri concorrenti. Anzi, con gli altri partecipanti si condivide una solidarietà di gruppo, una sorta di empatia della fatica che ci rende tutti fratelli.

Naturalmente io parlo per quelli come me, che combattono nelle retrovie. 
Magari i campioni, quelli che impiegano 70/80 ore per completare l'intero Tor, la vedono diversamente. 
Ma a giudicare dai loro racconti, dalle loro facce al traguardo, pur esistendo una dimensione "gara", questa viene sublimata nella sfida a se stesso, nella capacità non tanto di battere in volata un avversario quanto di distillare dal proprio corpo ogni stilla di energia per arrivare un po' prima al traguardo.

E soprattutto il Tor è la sua gente, un variegato popolo composto da concorrenti, da spettatori, da volontari e dall'intera popolazione dei comuni che si attraversano. 
Sembrerà strano, ma è proprio così. 
Lo si percepisce fin dagli allenamenti pre-Tor. Quando ti vedono salire veloce lungo un sentiero, i locali ti chiedono se sei lì a provare il percorso. E ti adottano, offrendoti un caffè, un frutto, dell'acqua o semplicemente una parola o un consiglio.

Il popolo del Tor è fatto di personaggi. Ognuno ha una storia da raccontare.

C'è Corrado che con i suoi quattro amici è venuto dalle rive del Lario per raccogliere fondi per pagare delle cure mediche a Dario (info qui) oppure Franco e Federico e il gruppo dei Maratonabili (info qui). 
Corrono perché amano correre, ma lo dedicano ad un motivo più alto che il loro benessere personale.

Poi ci sono persone come Sergio e Sara, entrambi impegnati a fare da scopa ed entrambi ingolositi dall'esperienza del Tor. Cito loro due, che ho conosciuto quest'anno, in rappresentanza di tutti gli altri che hanno svolto questo compito. 
Ti coccolano e ti spingono, perché loro sanno bene cosa vuol dire essere stanchi. Rispettano la tua fatica e cercano di distrarti da essa. Fanno un lavoro prezioso e sono grati perché possono farlo.

E poi c'è la gente. 
Quella che ti guarda passare dalla finestra di casa, che ti batte le mani dal terrazzino, che ti sorride e saluta da dentro un alpeggio. La gente che vive 365 giorni all'anno in quella valle che tu oggi stai attraversando. 
Probabilmente non capisce la nostra ansia di andare, ma sa riconoscere il passo di chi ama la montagna ed è abituato ad essa. Sa riconoscere il volto tirato di chi dorme poco, mangia poco e continua ad andare. 
Loro - e lasciatemi dire i vecchi soprattutto - ti fanno sentire meno solo. Ti fanno raddrizzare le spalle e allungare il passo.

Al Tor si ritorna sempre volentieri per il magico rapporto che si crea con il suo popolo durante quella settimana. 
L'orgoglio di indossare la giacca da Finisher è figlio di questo senso di appartenenza.
E i cittadini come me, che non hanno nel DNA il Tor, sanno che devono conquistarsi questo onore attraverso il sudore.

Franz Rossi
http://www.xrun.eu/blogger/Franz

Aggiornato: Lun, 22/09/2014 - 16:51